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24 set. - 1° ott. 2012
 

Riflessioni e considerazioni sul tour

Al di la delle apparenze o di ciò che abbiamo potuto osservare, ritengo che la Turchia sia tutt’oggi un Paese con molte contraddizioni sociali, politiche e religiose.
Abbiamo visto una forte espansione edilizia, con intere città che oggi si rifanno il look e superstrade nuove o in costruzione dappertutto. Nonostante ciò, non credo che in ogni parte del Paese ci sia questo stato di benessere, di crescita.

Paola e Nicola

La mia sensazione è che tutto questo avvenga solo nelle grandi città, lungo la costa e le altre direttrici percorse dai flussi turistici, ma non nelle zone più interne o rurali, o in tutta la parte Est del Paese.
E secondo la mia percezione, questo sarebbe il motivo per cui siamo sempre stati ospitati in alberghi lontani dai centri abitati e non abbiamo mai avuto modo di entrare in contatto diretto con la popolazione locale, se non ad Istanbul, città che invece rappresenta un’eccezione, una realtà diversa, molto più vicina a quella dei paesi occidentali.

Anche lungo il nostro itinerario, nei villaggi che abbiamo sfiorato, non abbiamo notato molto benessere e modernità. Anzi! Non che questo lo consideri un motivo di disprezzo o disonore, assolutamente, ma la nostra percezione è stata quella di un tour “blindato”, lungo il quale ogni cosa era controllata, direttamente o indirettamente, dallo stato. Un tour nel quale, per motivi promozionali, sia stato ostentato il progresso, il benessere, e celata la miseria, il disagio.
E tutto ciò non l’ho gradito!
Anche la guida, infatti, ci ha riferito di essere un dipendente del governo, così come tutte le altre guide autorizzate in Turchia. Egli, oltre a ricevere uno stipendio dallo stato, ha diritto anche a sgravi fiscali rapportati al numero di turisti che in un anno riesce a portare nelle aziende indicategli dal governo. Quindi, ecco spiegato perché, nonostante il nostro disappunto, siamo stati costretti a visitare la fabbrica di tappeti, piuttosto che alla gioielleria o alla fabbrica di abbigliamento in pelle. E probabilmente, di questo meccanismo ne fanno parte anche gli alberghi ed i ristoranti in cui siamo stati, così come le aree di sosta lungo l’itinerario.
Forse perché siamo troppo abituati a viaggiare in piena autonomia e libertà, ma credo che sia questo l’unico modo per apprezzare realmente un territorio, un popolo, una cultura, per sentirne la sua vera essenza.
Altra grande contraddizione, ritengo sia quella religiosa.

Pur apprezzando la laicità dello stato turco, caso unico nel mondo musulmano, non riesco a coniugare l’integralismo religioso di una buona parte della popolazione con l’aspirazione del Paese di entrare a far parte dell’UE. Tra i Paesi europei e la Turchia vi sono diverse tradizioni, un diverso stato di diritto, una diversa considerazione della donna, dei figli e della famiglia. Ed anche gli stessi laici, dopotutto, hanno un’etica che affonda le proprie radici nella cultura musulmana. D’altro canto, nella fede musulmana converge circa l’80% della popolazione. Quindi, è chiaro che le stesse leggi del Paese affondino le proprie basi nei precetti dell’Islam.

Tuttavia, spero ed auguro agli amici turchi che prosegua e si intensifichi il loro processo democratico, sempre nel segno della laicità dello stato e nel rispetto delle diverse fedi religiose, affinché il Paese entri presto a far parte della grande famiglia dell’Unione Europea.

Peraltro, in Turchia ci sono tante altre cose da vedere, come ad esempio altre importanti acropoli dell’antica Grecia nell’Egeo, la costa del Sud e la zona di Antalya, o la costa sul Mar Nero e tutto l’Ovest del Paese. Ed anche ad Istanbul ci ritorneremmo volentieri, per viverla più lentamente e liberamente, tra la gente.
Speriamo presto, magari in camper!

 

 

 

 
 
   

 

 

 

 

 

 

 

 


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