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Sabato 29 settembre 2012

Durante il trasferimento verso Istanbul, la guida ha cominciato a parlarci della città, della sua nobile e lunga storia, nonché del suo immenso patrimonio culturale. E quindi anche di ciò che avremmo visto in questi ultimi due giorni. Allorché, preso atto del fatto che la vista alla fabbrica di abbigliamento in pelle a noi era assolutamente non gradita, ci ha precisato che non era nelle sue facoltà apportare varianti al programma che aveva ricevuto, soprattutto se in senso riduttivo. Quelle erano per lui direttive da rispettare assolutamente.

Periferia di Istanbul

Tuttavia, constatato il nostro grande interesse per la Cisterna, in cambio della nostra comprensione e collaborazione, si è impegnato a far sì che, chi l’avesse voluto, avrebbe potuto visitare anche questo sito. E così abbiamo raggiunto la fabbrica di abbigliamento in pelle! Qui siamo stati invitati ad assistere ad una breve sfilata di modelle e modelli (belle ragazze, bei ragazzi…), mentre ci veniva offerto l’ennesimo te alla mela (riguardo a questa bevanda, c’è da dire che non è nulla di ché. Somiglia ad acqua zuccherata aromatizzata alla mela, appunto!). Al termine, anche alcuni di noi sono stati invitati ad indossare dei capi in pelle ed a sfilare in pedana. E questo ha smorzato un po’ la tensione, strappandoci sorrisi ed ilarità.
Quindi, siamo stati condotti in un salone dov’erano esposti i capi in vendita. Sinceramente, al di là della qualità e dei gusti, i prezzi esposto sembravano davvero eccessivi, anche se ci veniva subito specificato che ci avrebbero applicato uno sconto del 50% rispetto al prezzo indicato. Ed alcuni di noi hanno anche fatto acquisti, trattando l’articolo e strappando anche ulteriori sconti, fino al 75%.

Finalmente, Istanbul!
Dopo una lunga discesa, siamo giunti in prossimità del capoluogo. La guida ci ha avvertiti che ormai stavamo attraversando la zona industriale della città, ma che questa era ampia decine di km.. Ed in effetti, era tutto un susseguirsi di fabbriche, capannoni, centri commerciali. Dopo tanto, finalmente le zone più periferiche del centro abitato; intere colline su cui erano stati costruiti altissimi palazzi, grattacieli che sembravano raggruppati per tipologia e similitudine di colori. Veri dormitori, in quanto nei pressi degli stessi non si intravedeva altro, né negozi, né giardini, niente. Proseguendo sull’autostrada, i palazzi, prima più radi, si facevano ora sempre più fitti e, soprattutto nelle strade adiacenti, il traffico si intensificava. Intanto, io cercavo di individuare la nostra posizione su una carta stradale. Mi sembrava strano, ma eravamo nel continente asiatico e, da Sud, stavamo raggiungendo l’Europa. A tratti si intravedeva già il Mar di Marmara sulla nostra sinistra e presto avremmo raggiunto uno dei due ponti sul Bosforo che uniscono i due continenti. E finalmente qui, su uno di essi, Istanbul!

Da qui, la città appariva enorme, una metropoli infinita, di cui non era possibile definirne i confini. Straordinario!
Abbiamo attraversato buona parte della città in pullman, osservando dai finestrini la grande vitalità nelle sua vie, i grandi negozi, che in alcune zone sembravano addirittura raggruppati per categorie. Una strada era piena di negozi di abiti da sposa, un’altra di gioiellerie, un’altra ancora di negozi di calzature. Ma c’era anche un traffico infernale, impossibile. Eppure gli automobilisti non sembravano particolarmente esausti, isterici. Ai semafori, tra le file delle macchine ferme in coda, c’era anche chi vendeva ciambelle o bibite.
Quindi, siamo giunti sul Corno d’Oro. Sull’ampio prato prospiciente il grande canale vi era gente sdraiata, che riposava, che passeggiava. Intere famiglie erano lì per il pic-nic. Questa, infatti, sembra essere un’usanza locale. Questi prati, soprattutto nel fine settimana, nella buona stagione, si riempiono di gente che qui vi trascorre l’intera giornata.
Ci siamo fermati davanti ad un ristorante, da cui si osservava un ampio panorama. Qui abbiamo consumato il pranzo. Prima di ripartire, non potevo non scattare una dozzina di foto.
Nel primo pomeriggio, subito dopo pranzo, abbiamo iniziato a visitare Istanbul.
Per cominciare, abbiamo visitato la chiesa di San Salvatore in Chora (XI sec.), un monastero in stile tardo bizantino. Nata come in origine come chiesa ortodossa, fu trasformata in mosche nel 1511. Infatti, nel suo interno, nell’abside, vi è anche la classica nicchia indicante la direzione della Mecca.
Attualmente, l’edifico non funge più da luogo di culto, ma da museo. Nella chiesa è possibile ammirare dei bellissimi mosaici (XIV sec.), unico esempio in città di tale forma espressiva ed artistica. Questi, per fortuna, non furono distrutti, ma solo coperti e celati con intonaco nel momento in cui la chiesa fu trasformata in moschea, in quanto chiaramente incompatibili con la dottrina dell’Islam. Negli anni dal 1948 al 1958 l’edificio fu sottoposto ad un ampio programma di restauro, al termine del quale fu trasformato in museo.

Chiesa di San Salvatore in Chora - XI sec.

Dopo un breve trasferimento in pullman abbiamo raggiunto il Grand Bazar, la cosa più ludica del tour. Un labirinto, un dedalo di viuzze affollatissime colme di ogni genere di negozi, che si è andato via via formando a partire dalla seconda metà del XV secolo. Botteghe alimentari, di tappeti, di ceramiche e sete, di spezie e the, gioiellerie, orologerie, bar, ristoranti e banchi d’ogni tipo. E quanti falsi griffati, dai capi di abbigliamento agli accessori, agli articoli sportivi. Che festival di colori! Che confusione! Gente d’ogni cultura, provenienza, origine, Paese, religione.

Un luogo molto bizzarro, folcloristico, senz’altro da visitare, ma evidentemente frequentato soprattutto da turisti. Infatti, non è certo qui che i turchi vengono a fare shopping o dove si possono fare grandi affari. Ciò non toglie, pero, che qui si possano acquistare piccoli oggetti, souvenir, anche a prezzi molto irrisori. In proposito, c’è da dire che, partendo da Izmir, durante i vari trasferimenti, la guida ci ha spesso edotti su questi aspetti, suggerendoci di fare i nostri eventuali acquisti soprattutto nella parte più interna del Paese, in quanto più sicura e più conveniente rispetto ad Istanbul. In realtà, noi abbiamo constatato il contrario!

Per esempio, qui al Grand Bazaar abbiamo acquistato un copricapo da deserto, pagato soli due euro, per il quale in altre località ce ne chiedevano prima 10, poi 5, e così via. Ed era sempre il medesimo!E  così anche per altri oggetti. Ovviamente, immagino che il costo della vita in una città come Istanbul sia molto più elevato rispetto ai piccoli centri o alle zone rurali, ma per i souvenir, piccoli oggetti, penso che qui al Grand Bazaar si possano fare buoni acquisti. E poi ci si diverte a contrattare, cosa che qui sembra un rito.
Questo grande mercato coperto si sviluppa in un’area circoscritta, molto vasta. Vi si accede attraverso grandi porte, credo quattro, peraltro tutte presidiate da un poliziotto. Appena entrati si è colti dall’ansia per il timore di perdersi, ma in realtà, una volta dentro, ci si orienta facilmente. Infatti, vi è una via centrale, più ampia, sui cui lati si sviluppano tante altre vie più strette, che sembrano essere tutte simili. Poiché tutta l’area è in leggera pendenza, noi, ogni qual volta perdevamo l’orientamento, tornavamo nella via principale, quella più larga. Quindi, dirigendoci verso la parte più alta del mercato, in leggera salita, raggiungevamo subito la porta da cui eravamo entrati.
Anche le vie adiacenti al Grand Bazaar sono molto vivaci, piene di negozi ed affollatissime.

Avremmo desiderato visitare anche il mercato delle spezie, più frequentato dagli abitati di Istanbul e, per sentito dire, anch’esso molto caratteristico, ma un po’ troppo distante dal punto in cui eravamo e…, davvero non ce n’è stato il tempo!

Grand Bazaar

A fine giornata, il pullman ci ha recuperati e ci ha condotti in una zona colma di ristorantini.
Ce n’era d’ogni tipo, uno dopo l’altro. Le strade erano affollate di tavoli apparecchiati, straordinariamente quasi tutti occupati. In molti ristoranti vi erano anche cantanti o musicisti che allietavano i propri clienti. Sembrava una grande festa; tante luci, suoni, vocii. C’era anche chi ballava.
 

Anche noi abbiamo cenato all’aperto, in strada. La serata era gradevole. Abbiamo mangiato pesce; è stata un’ottima cena!
Al termine, esausti, siamo stati accompagnati in albergo, all’Hotel ANT (***), unico a 3 stelle nell’intero tour, molto più piccolo dei precedenti, con camere e servizi essenziali.
Tuttavia, in questo albergo, dove abbiamo trascorso due notti, siamo stati comunque benissimo. Era pulito, comodo ed anche l’unico ad essere ubicato in città, anche se poi non abbiamo avuto assolutamente il tempo di uscire nel dopo cena.
Per il pernottamento, qui ad Istanbul siamo stati divisi in tre gruppi, a seconda del tipo di tour acquistato. Noi, infatti, avevamo optato per il 3 stelle, fidandoci soprattutto delle indicazioni forniteci in agenzia. Altri, però, avevano acquistato il tour a 4 o a 5 stelle. Questi altri, quindi, sono stati condotti in alberghi della categoria corrispondente. Ma ciò, sottolineo, è avvenuto solo ad Istanbul, per due notti, ed a Pamukkale, per soli quelli che avevano acquistato il tour a 5 stelle. Per gli altri pernottamenti, infatti, il gruppo ha alloggiato nei medesimi alberghi, sempre a 4 o 5 stelle. Quindi, col senno di poi, constatato anche il buon livello qualitativo dell’Hotel ANT (***), direi che in agenzia siamo stati molto ben consigliati nell’acquisto dell’opzione a 3 stelle.
C’è da aggiungere che, durante l’intero tour, in tutti gli alberghi era compresa la colazione.

 


 

 

 

 
 
   

 

 

 

 

 

 

 

 


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