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Venerdì 28 settembre 2012

L’escursione in mongolfiera deve essere stata un’esperienza unica, speciale. Chi ha partecipato è rimasto particolarmente colpito dal silenzio, dai colori e dal fatto di essersi ritrovato sospeso in aria circondato da altre decine e decine di mongolfiere coloratissime, dietro le quali faceva da sfondo un cielo azzurro e terso. E poi il paesaggio, da favola!
Alle 07,30 i partecipanti all’escursione in mongolfiera erano già rientrati in albergo. Tutti assieme abbiamo fatto colazione, quindi siamo saliti sul pullman e siamo partiti diretti ad Ankara.

Mostra di oreficeria e gioielleria

Dopo circa mezzora abbiamo fatto tappa presso una gioielleria, dove, durante la degustazione di un tè alla mela, ci hanno mostrato e descritto vari articoli dell’arte orafa locale; vendevano anche oggetti e souvenir in alabastro. Alcuni di noi hanno anche acquistato qualcosa.
Dopo la fabbrica di tappeti, questo è stato il secondo sito con finalità commerciali che abbiamo forzatamente visitato. Chiaramente non era indicato nel programma indicato dal nostro tour operator. Quindi, la cosa ci scocciava non poco, dato che non eravamo certo venuti in Turchia per fare acquisti. Comunque…!
Dopo un’oretta, finalmente siamo riparti alla volta della città sotterranea.
Giunti in zona, abbiamo visitato uno dei tanti siti, che la guida ci ha detto di preferire, in quanto tra i meglio conservati e più di facile accesso ai turisti. Questo ci avrebbe reso l’idea della funzionalità, dell’utilità e dell’architettura di queste strutture difensive scavate nel terreno.
Entrati da una porticina collocata sulla parete di una roccia alta non più di un paio di metri, ripidi scalini ricavati nel tufo ci hanno condotti nelle viscere della terra, in un ampio locale ubicato ad alcuni metri di profondità. Da qui, gallerie portavano ad altri locali, posti su diversi livelli, che fungevano da rifugio, da magazzini, da stalle e quant’altro. Nelle pareti di alcune gallerie vi erano larghe fenditure, nelle quali era collocata una ruota di pietra. Ci è stato spiegato che in caso di necessità o di pericolo, questa veniva fatta ruotare, spinta da persone presenti nei locali attigui alla galleria, fino a chiuderne completamento il passaggio. Le stesse gallerie, in tal modo, potevano fungere da vere e proprie trappole per il nemico. Alcuni locali erano provvisti di prese d’aria ed anche di pozzi da cui attingere l’acqua. Non vi era traccia di opere edificate dall’uomo. Tutto era stato semplicemente ed unicamente scavato nel tufo. La guida ci spigava che queste opere di fortificazione avevano soprattutto scopi difensivi, ma venivano utilizzate anche come stabili dimore delle popolazioni indigene. In caso di pericolo, queste fungevano da rifugio e qui ci portavano anche tutti i propri averi, compreso il bestiame. A seconda dei casi, potevano restarci per pochi giorni, ma anche per mesi. Infatti, la quantità dei locali e la loro ampiezza rendevano chiaramente l’idea della quantità di persone e di cose che potevano starci. Peraltro, queste erano considerate fortificazioni molto sicure. Infatti, seppure scoperte, non sarebbe stato facile per il nemico stanarne gli occupanti, che attraverso lunghe gallerie di collegamento avevano la possibilità di spostarsi anche per centinaia di metri, lungo direzioni imprevedibili. Anche addentrarsi nel sotterranei sarebbe stata un’impresa molto ardua per il nemico. Infatti, esso avrebbe rischiato di restare intrappolato in un ambiente ostile totalmente sconosciuto.
Infine, tenuto conto della particolarità ed unicità di tali fortificazioni, il nemico non avrebbe mai potuto immaginare la reale consistenza di persone, animali e cose celate qui sotto. Quindi, minimizzando e sottovalutando il tutto, l’aggressore preferiva non correre rischi, abbandonando presto questi luoghi, saccheggiando solo quel poco che era stato abbandonato in superficie.

La città sotterranea

Tornati all’esterno, la guida ci sottolineava che nei dintorni c’erano tantissime altre fortificazioni simili, almeno 200 quelle scoperte, molte delle quali ancora inesplorate o solo parzialmente accessibili. Alcune potevano raggiungere dimensioni davvero straordinarie, essere capaci di ospitare migliaia e migliaia di persone ed essere scavate su più livelli, addirittura 8, fino a raggiungere una profondità di 85 metri.
Queste non erano necessariamente collegate tra loro, anzi! Spesso si trattava di strutture indipendenti ed isolate dalle altre, utilizzate da famiglie, gruppi di persone, o dalla gente che viveva in prossimità delle stesse.

Terminata la vista al sito, ci siamo incamminati verso il nostro pullman. Nei pressi della zona archeologica vi erano alcune donne che richiamavano la nostra attenzione nella speranza di venderci le loro bambole di pezza. Le avevano fatte con le loro mani. Chiedevano solo un euro. Sinceramente, mi faceva molta pena quell’evidente disagio culturale ed economico.

Ripreso il viaggio, ci siamo diretti, spediti, verso Ankara.
Lungo l’itinerario, per km. e km. abbiamo costeggiato il grande lago salato, ampio ben 1.500 kmq, lungo 80 km per 50 km di larghezza. La sua profondità non supera 1-2 metri e per gran parte dell’anno è completamente asciutto. Dal colore, bianchissimo, sembrava fosse ghiacciato.

Noi non ci siamo fermati, ma altri pullman turistici si, se non altro per scattare delle foto. Ma noi avevamo fretta di raggiungere la capitale! La guida ha precisato che, in realtà, non era molto interessate e che era certamente più spettacolare visto dalla strada, dall’autobus, da un punto di vista più elevato. Ok!

Giunti ad Ankara, la guida ci ha spiegato che la città non ha siti di particolare interesse turistico. Si tratta, in realtà, di una città recente priva di monumenti o testimonianze storiche, che negli ultimi decenni ha vissuto uno sviluppo esponenziale. Qui, gran parte della popolazione è impiegata nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, governative. In effetti, Ankara è stata proclamata capitale amministrativa della Turchia solo nel 1923 e, prima di tale data, questa era una piccola cittadina irrilevante per il Paese. Da allora, ma soprattutto negli ultimi decenni, in questa città si è riversata, per lavoro, tantissima gente proveniente dalle più remote zone rurali del Paese, che pertanto non ha e non sente alcun legame con la cultura e le tradizioni locali. Per cui, la città, più che riflettere le tradizioni di questo territorio, evidenzia una mescolanza delle tante culture e tradizioni presenti nel Paese.
Inoltre, la guida ci ha spiegato che per lo stesso motivo, seppure il centro cittadino mostrasse grande vivacità durante le ore di apertura degli uffici pubblici, nelle ore serali e nei week-end la città risultava priva di vitalità, piuttosto dormiente, in quanto molta gente abbandonava il centro per raggiungere le proprie abitazioni ubicate nelle periferie o nelle zone rurali della regione. Ed anche le stesse grandi e fredde periferie non erano altro che dei dormitori.
Era chiaro che alla nostra guida, che viveva ad Istanbul, non piacesse affatto questa città.

Giunti nella Capitale, ci siamo diretti subito al Museo delle Civiltà Anatoliche, senza dubbio interessante, ma non eccezionale, se rapportato a tutto il resto che abbiamo visto in Turchia.

Museo della Civiltà Anatolica - Ankara

Ma va detto che da Ankara dovevamo comunque passarci, per raggiungere Istanbul, e quindi, tanto valeva visitare anche questo sito.
Nei pressi del museo abbiamo notato alcuni negozi che esponevano all’esterno una moltitudine di sacchetti di spezie dalle varie tonalità cromatiche. Inoltre, vedevamo alcuni stretti vicoli colmi di botteghe che esponevano ogni genere di articolo ed un brulichio di gente.

Avremmo desiderato fare un giro per quelle viuzze, ma niente da fare.
Dopo la visita al museo siamo stati condotti dritti in albergo, come un gregge nel proprio ovile. Saranno state le 18,00 e ci sarebbe stato tempo per fare altro, ma la guida ha giustificato tale decisione col fatto che il giorno successivo sarebbe stato particolarmente faticoso, sia per il lungo trasferimento ad Istanbul sia per quanto avremmo visitato, e quindi sarebbe stato meglio recuperare un pochino le energie. E poi il suo programma non prevedeva altro. Ed in proposito, nell’anticiparci il programma dei giorni successivi, egli ci ha riferito che all’indomani avremmo visitato anche una fabbrica di confezione di abbigliamento in pelle, mentre non era nel programma la visita alla Cisterna ad Istanbul, che comunque sarebbe stato possibile visitare nel caso fosse avanzato del tempo. La Cisterna è un sito assolutamente da non perdere. Peraltro, tanti di noi desideravano vederla. Quindi, dispiaciuti, ed anche irritati per quest’ultima anticipazione, se non che per l’ennesima tappa commerciale imposta dal programma, anch’essa non prevista dal tour operator, non abbiamo potuto fare altro che manifestare il nostro disappunto!

L’albergo di Ankara (l’Esemboga Airport) era ubicato nella periferia della città, nei pressi di uno degli aeroporti cittadini (l’Emboga) e vicino alla sede della Federazione Turca del Gioco Calcio. Infatti, nei pressi dell’albergo, nelle vicine rotonde, vi erano due enormi statue raffiguranti calciatori immortalati, uno durante l’esecuzione di un cross e l’altro impegnato in una parata.


Anche questo un grande albergo sembrava essere un po’ lontano dal centro cittadino. Quindi, non risultava affatto agevole per noi raggiungere autonomamente il centro, magari con mezzi pubblici. Peraltro, nessuno aveva riferimenti precisi e non avevamo tempo a sufficienza per organizzarci ed avventurarci in tal senso. E poi, i discorsi dissuasivi della nostra guida ci demotivavano, in quanto temevamo di non trovare nulla di veramente interessante in centro, soprattutto nelle ore serali.
Pertanto, abbiamo preferito seguire il consiglio di rilassarsi in albergo, cercando di recuperare le energie necessarie per il giorno successivo.
Tuttavia, dopo cena, alcuni di noi si sono ritrovati nella hall dell’albergo, chiacchierando del più e del meno, ma anche di alcuni aspetti poco graditi del programma del tour. Il linea di massima, tutti eravamo dispiaciuti del fatto che gli alberghi fossero sempre lontani dai centri abitati, ma soprattutto eravamo irritati per le visite fuori programma aventi scopo puramente commerciale (la fabbrica di tappeti, la gioielleria e, all’indomani, ci attendeva la fabbrica di abbigliamento in pelle). Quindi, una signora, la più anziana del gruppo, ma vivacissima e simpaticissima, eletta nostra porta bandiera, si è impegnata a rappresentare alla guida il nostro disaccordo e contrarietà rispetto a quest’ultimo aspetto.

 


 

 

 

 
 
   

 

 

 

 

 

 

 

 


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