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S p e c i a l e   P u g l i a

TARANTELLA E TARANTISMO
Vita, morte e miracoli di un ragno ballerino

    
c' e r a    u n a   v o l t a   u n a   t a r a n t o l a . . .

   

La taranta, nel mito che la narra, ha varia grandezza e diversi colori, emette diverse melodie, ha nomi di persona (Rosina, Peppina, Maria) e può avere diverse tonalità affettive che si riflettono nei comportamenti dei pizzicati:

  • tarante ballerine e canterine che spingono alla danza ed al canto;

  • tarante tempestose che inducono sentimenti di rabbia ed agitazione;

  • tarante tristi e mute che richiedono nenie funebri ed altri canti malinconici;

  • tarante libertine che stimolano a mimare nel ballo comportamenti lascivi;

  • ed infine tarante dormienti che provocano uno stato depressivo resistente a qualsiasi trattamento musicale.

La taranta morde sempre nella stagione estiva, ed il morso patito spesso rimorde nelle estati successive perché il veleno é attivo finché la tarantola che ha morso ed i suoi discendenti non sono tutti morti.
Questa varietà di simboli permette ai tarantati una notevole libertà espressiva nell'eseguire le varie fasi della danza ed in tal modo comunicare sofferenze, desideri e frustrazioni personali in una sorta di rappresentazione teatrale in cui personaggi differenti e sentimenti contrastanti, vengono interpretati di volta in volta da un unico attore.

SIMBOLI NEL RITO.
 
Per uccidere la tarantola od almeno per stancarla ed annullare così gli effetti del suo morso fino all'estate successiva, occorre mimare la danza del piccolo ragno, cioè la tarantella; essere, in una prima fase che si svolge a terra, lo stesso ragno che danza, ma imporre in una seconda fase in piedi il proprio ritmo sempre più accelerato al ragno che fugge davanti al piede che lo incalza per calpestarlo finché questo muore o si arrende esausto.
In questa seconda fase il tarantato dialoga con il ragno, soggiacendo ai suoi ordini o imponendogli il proprio comando: più spesso viene a patti con lui, fissando la durata complessiva del ballo o l'orario della prossima crisi.
All'inizio del rito il tarantato, che giace a terra immobile, va scazzicato, cioè indotto alla danza attraverso un'esplorazione musicale che un'orchestrina compie proponendo varie melodie con strumenti diversi (fra cui violino, tamburello, organetto, chitarra, flauti e zampogne) al fine di trovare il suono specifico della taranta che ha morso; allo stesso fine vengono offerti al tarantato dei nastri di vari colori.
In passato sembra che il rito potesse aver luogo sia a domicilio che all'aperto e fosse praticato anche dalle classi sociali più abbienti, mentre gli ultimi casi osservati alla fine degli anni '50, riguardavano persone molto povere e poco istruite " curate " in casa propria.
Altri elementi compresi nel rituale, almeno fino al 1700, sono:

  • grossi recipienti pieni d'acqua o autentici ruscelli o laghetti in cui i tarantati simulavano la purificazione dal cattivo passato e dai cattivi pensieri se non addirittura il suicidio per annegamento; 

  • l'altalena, che nell'esorcismo a domicilio era sostituita da un fune appesa al soffitto, con la quale il tarantato poteva mimare il ragno che tesse la tela o ancora il suicidio per impiccaggione;

  • vasi di menta, basilico o cedrina per stimolare l'olfatto;

  • specchi utilizzati come strumenti sia di civetteria che di riflessione sul proprio cattivo passato;

  • spade, utilizzate soprattutto dagli uomini per simulare momenti agonistici nei quali trionfare sui propri persecutori più o meno reali. 

Relativamente a quest'ultimo simbolo ed alle possibili influenze che la tarantella salentina può aver avuto sulle forme non terapeutiche di tarantella è interessante segnalare che ancor'oggi é diffusa, non solo in Puglia ma anche in Calabria, Sicilia e Campania una danza, chiamata appunto danza-scherma o danza delle spade, che simula un duello fra due sfidanti che usano il braccio e la mano a mo' di coltello, al suono della tarantella; questa danza, è riproposta ogni anno a Torrepaduli il 15 Agosto durante la festa di S. Rocco. 

CATTOLICESIMO E TARANTISMO.
 
I missionari gesuiti che dalla seconda metà del '500 intrapresero un'attività di evangelizzazione del Sud d'Italia, imbattendosi nel tarantismo lo considerarono frutto di superstizioni pagane che andavano estirpate e sostituite dalla fede cattolica.
Nei fatti la Chiesa cattolica dovette convivere con il fenomeno per diversi secoli, contentandosi di controllarlo dall'interno ma ricavandone vantaggi economici.
Già nel '700, una leggenda narrava l'esistenza, nel villaggio di Galatina, di un pozzo la cui acqua, divenuta miracolosa per intercessione di S. Paolo, aveva il potere di risanare quanti fossero stati morsi da animali velenosi .
Nel 1787 una cappella costruita sul luogo del pozzo venne consacrata e S. Paolo divenne definitivamente il protettore dei tarantati; nella cappella la musica era proibita , per cui i tarantati eseguivano il rito presso la propria abitazione per poi recarsi il 29 Giugno a Galatina per ringraziare il santo e consegnare le offerte raccolte durante il rito domiciliare.
Negli anni la fede in S. Paolo prese il sopravvento e mentre i canti utilizzati nell'esorcismo parlarono sempre più di un San Paolo-taranta che pungeva lui stesso i tarantati, il rito nel suo complesso si impoverì sempre più.
I sintomi dei tarantati, privati della ricchezza espressiva che il simbolo della tarantola concedeva loro, regredirono sempre più a crisi isteriche incontrollate che richiedevano un intervento medico-psichiatrico. 

 

 


TARANTELLA E TARANTISMO
Vita, morte e miracoli di un ragno ballerino


   Di Gianluigi Cappelletti 


 

 

 
 
   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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